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Geografia e Cartografia per capire il Mondo

La geografia, con il suo metodo di analisi della realtà, e la cartografia, con i suoi strumenti e la sua “visibilità”, ci possono aiutare a guarire dalla parziale cecità dell’essere umano del modo di considerare l’effetto delle nostre decisioni sul mondo naturale che rappresenta un grande ostacolo agli sforzi che vengono compiuti di formulare risposte sensate alle minacce cui l’ambiente si trova attualmente di fronte.

Studiare il paesaggio e leggere gli oggetti in esso presenti non in chiave di mero bello e utile economicamente inteso, bensì come il teatro dell’agire umano, sono condizione vitale per trovare il giusto equilibrio nel rapporto tra l’uomo e il proprio ambiente di vita, per invertire quella tendenza ormai diffusa che, ricordando Turri (geografo e scrittore), ci vede decisi solo ad essere indecisi, risoluti solo ad essere irresoluti, immobili nei movimenti, saldi nell’instabilità..

Prendiamo atto sempre più spesso che il nostro paesaggio, quello brutto (a seguito di una constatazione di tipo estetico) delle enormi periferie, delle vecchie e diroccate case contadine inglobate dallo sviluppo edilizio, delle zone artigianali e commerciali che hanno invaso coste, fiumi e montagne, delle strade che hanno trapassato valli, boschi e alvei dei fiumi, quello invaso dal troppo (eccessivo numero di costruzioni, di cose, di persone) ci spaventa. Ma il paesaggio, soprattutto quello brutto o inutile, non è una semplice scatola vuota da riempire o un oggetto abbandonato da rigenerare con un qualsiasi cambio d’uso!

Occorre avviare delle proposte equilibrate e ragionevoli che, in primo luogo, prendano atto che non esiste più il paesaggio preindustriale, il bel paesaggio di bucolica memoria, almeno nella maggior parte del territorio dove la gente vive e lavora; abbiamo questo paesaggio, quello che abbiamo contribuito a costruire nelle ultime decadi.

Inutile quindi illudersi di ricostruire isole felici di paesaggio preindustriale, molto più utile e urgente è riprendere il controllo sul paesaggio comune così come ci ricorda la Convenzione del Paesaggio, secondo cui non è più possibile continuare a pensare che il territorio sia fatto di parti belle e di parti brutte, curando solo le prime, salvaguardando i centri storici e nel frattempo costruendo, ad esempio, periferie senza valore. E’ necessario muoversi per una riqualificazione sostenibile che da un lato offra regole proprio là dove finora sono mancate (dando quindi luoghi centrali alle periferie, spazi pubblici, servizi di livello urbano per migliorare non solo la qualità ambientale ma anche quella sociale), dall’altro intervenga riciclando le aree dismesse e abbandonate (ricordiamo Da Poli e Incerti) nella quali il passato affianchi il presente, l’identità locale sia preservata, lasciando spazio alla fantasia e alla creatività per realizzare cose nuove che siano da stimolo e ispirazione per lo sviluppo sostenibile dei territori.

Maria Laura Pappalardo
Presidente Festival Terra2050

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1 commento

  1. ERIC BESOMBES dice:

    Complimenti per questo bellissimo progetto ricco di riflessioni che ci mettono davanti alle nostre responsabilità

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